La Latinitas dell’INA: dal Providentiae Munus al Novus Decor
06 Novembre 2017
Che nei primi decenni del Novecento fosse largamente diffuso il costume di abbellire, da parte di enti, società e privati, edifici e palazzi con iscrizioni di genere diverso, sia in italiano che in latino, è cosa nota. Che questo costume il fascismo lo abbia fatto proprio come una delle tante manifestazioni di propaganda del regime, anche. Tali affermazioni trovano ulteriore conferma nei documenti dell’Archivio Storico INA Assitalia.
Non si è discostato infatti da queste usanze l’INA, l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni, l’ente di Stato fondato da Giolitti nel 1912 per gestire in regime di monopolio le assicurazioni vita, come è possibile notare dalla lettura di due iscrizioni scolpite su prestigiosi palazzi costruiti dall’Istituto stesso al centro di Roma, il palazzo di via Sallustiana progettato dall’ingegner Guido Giovannozzi e il palazzo di piazza Sant’Andrea della Valle progettato dall’architetto Arnaldo Foschini.
Attraverso la lettura di queste due iscrizioni è anche possibile ripercorrere in breve la trasformazione dell’INA dall’ente giolittiano, ideato dal ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio Francesco Saverio Nitti con lo scopo specifico di diffondere in tutte le classi sociali, anche le più umili, «lo Spirito di Previdenza», a quello mussoliniano, a quello che il Duce definiva «una forza finanziaria dello Stato Fascista» e che si dimostrò un efficace strumento del rinascimento edilizio voluto dal fascismo.
Nel 1927 veniva inaugurato dai vertici dell’INA, alla presenza delle autorità religiose, civili e del capo del governo Benito Mussolini, il nuovo palazzo della direzione generale in via Sallustiana dove sopra le tre arcate del monumentale ingresso principale spiccava (oggi è quasi invisibile per la fuliggine dello smog) la grande iscrizione latina:
Providentiae munus res publica sibi vindicat
(Lo Stato rivendica a sé il compito della Previdenza, trad.)
dove ancora pienamente si coglie, anche se siamo in piena epoca di fascistizzazione del paese – già da un anno vigevano le famigerate leggi fascistissime – il nuovo impegno sociale, il Providentiae munus, che lo Stato italiano aveva voluto assumere con la creazione stessa nel 1912 dell’Istituto. Questa connotazione di impegno nazionale e statuale voleva appunto sottolineare l’autore, il funzionario dell’INA Adolfo De Gregorio, nella sua sentenza che, ideata «valendosi delle sue modeste conoscenze latine», aveva anche sottoposta, per certezza, al «giudizio di latinisti di grido».
Di tutt’altro tono, pienamente di stampo fascista, è invece l’iscrizione che adorna il fronte del palazzo che si affaccia su piazza Sant’Andrea della Valle, lì dove inizia corso del Rinascimento, iscrizione per la cui «compilatura» venne incaricato Raffaello Santarelli, storico e poeta:
Italiae fines promovit bellica virtus
et novus in nostra funditur urbe decor
(La virtù bellica amplia i confini dell’Italia
mentre una nuova bellezza si fonda nella nostra città, trad.)
dove se nel primo verso del bel distico elegiaco, con la cesura bellica virtus, si esaltano le recenti vittoriose avventure coloniali, nel secondo si richiama la nuova Roma voluta da Mussolini al cui novus decor l’INA ha dato un contributo determinante, partecipando alla realizzazione della nuova arteria di corso del Rinascimento e alla sistemazione di via della Conciliazione.